Politiche di coesione: a fianco degli Stati membri da mezzo secolo

Non tutti conoscono questi finanziamenti, che in realtà sono nati quasi in contemporanea con l’Unione europea nel secondo dopoguerra

Grazie ai Fondi di coesione tra il 2021 e il 2027 l’Italia riceverà ben 42,2 miliardi di Euro che finanziano progetti di ricerca e innovazione, digitalizzazione, di competitività delle imprese, energia, ambiente, cultura, trasporti e mobilità, riqualificazione urbana, lavoro e occupazione, sociale e salute, istruzione e formazione e, infine, capacità amministrativa.

Progetti di questa portata – resi possibili grazie alle Politiche di coesione – ridefiniranno i territori coinvolti e, con loro, anche le prospettive lavorative e di trasformazione della società, secondo un’ottica di transizione digitale, green jobs e innovazione.

Anche se non sono molto conosciute se non dagli addetti ai lavori, le Politiche di coesione accompagnano l’Unione Europea e i suoi Stati membri fin dalla sua fondazione.

Un po’ di storia

Ideate a metà del secolo scorso, nel corso degli anni queste progettualità hanno cambiato nome diverse volte, senza mai perdere di vista lo scopo per cui sono nate: incentivare lo sviluppo dei Paesi dell’Unione Europea, con un focus particolare sulle regioni più arretrate e una programmazione pluriennale.

Le Politiche di coesione erano già presenti nel trattato di Roma, il documento che nel 1957 decreta la nascita della CEE (Comunità economica europea, ndr): si faceva riferimento a loro come degli “interventi speciali” per promuovere uno sviluppo armonico di alcune regioni dell’area comunitaria. Venne così istituito il Fondo sociale europeo (FSE) con l’obiettivo di sostenere l’occupazione e assicurare delle opportunità lavorative più eque all’interno degli Stati.

Il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) è nato nel 1975 per finanziare i singoli progetti scelti dagli Stati membri. Ma si dovette aspettare fino al 1988 per una riforma della politica di coesione, basata su 4 colonne portanti:

  • Concentrazione sulle regioni più arretrate
  • Coinvolgimento del partenariato economico e sociale
  • Programmazione pluriennale
  • Addizionalità delle risorse, che non devono sostituire quelle ordinarie dei singoli Stati

Vista la ricaduta positiva di queste iniziative sugli Stati più arretrati dell’Unione, nel 1994 vennero raddoppiate le risorse: ora costituiscono un terzo del bilancio dell’Unione Europea. Il 2004 costituì un ulteriore punto di svolta: con l’ingresso nella Comunità europea di dieci paesi dell’Europa orientale, la geografia degli aiuti resi possibili dalle Politiche di coesione è cambiata radicalmente.

Nel 2020, nel pieno della pandemia da Covid-19, la Commissione europea ha stabilito che al periodo 2021-2027 venisse destinata una parte dei fondi del Next Generation Eu.

La programmazione 2021-2027

Tra il 2021 e il 2027 il totale dei finanziamenti resi disponibili grazie alle Politiche di coesione ammonta a 322,3 miliardi di Euro, così suddivisi:

  • 202,3 miliardi € per le regioni meno sviluppate
  • 47,8 miliardi € per le regioni in transizione
  • 42,2 miliardi € per gli Stati membri finanziati dal Fondo di coesione
  • 27,2 miliardi € per le regioni più sviluppate
  • 500 milioni € per gli investimenti interregionali in materia di innovazione
  • 1.928 milioni € di finanziamenti supplementari per le regioni ultraperiferiche

Le Politiche di coesione sono composte e rese possibili – quindi finanziate – da quattro fondi:

  • Fondo sociale europeo plus (FES+): il piano che finanzia iniziative che promuovono un elevato livello di occupazione, le pari opportunità, lo sviluppo sostenibile e la coesione economico-sociale
  • Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR): sostiene le regioni in ritardo di sviluppo, così come la riconversione delle regioni industriali in difficoltà
  • Fondo di coesione: eroga contributi finanziari a progetti destinati all’ambiente e alle reti transeuropee nel settore delle infrastrutture dei trasporti, con un focus sui Paesi più poveri dell’Ue
  • Fondo per una transizione giusta (JTF): sostiene i territori maggiormente colpiti dalla transizione verso l’obiettivo di una neutralità climatica e mira a prevenire l’esacerbarsi delle disparità regionali


L’accordo di partenariato

L’Accordo di partenariato tra l’UE e l’Italia, approvato il 19 luglio 2022, definisce l’impianto strategico e la selezione degli obiettivi di policy su cui si concentrano gli interventi finanziati dai Fondi europei per la coesione. Le risorse dell’Unione europea previste nell’Accordo e assegnate all’Italia sono pari a circa 43,1 miliardi di risorse dell’UE, alle quali si aggiungono le risorse derivanti dal cofinanziamento nazionale, per un totale di risorse finanziarie programmate pari a oltre 75 miliardi di euro complessivi.

L’impostazione strategica dell’accordo di partenariato è articolata su cinque obiettivi strategici di policy, il primo riguarda il raggiungimento di una maggiore competitività e intelligenza dell’Europa, attraverso la promozione di una trasformazione economica intelligente e innovativa. L’accordo punta a obiettivi in linea con le politiche green e di sostenibilità: il continente deve essere più resiliente e più verde, con un’impronta carbonica bassa. Questo traguardo si può raggiungere solamente attraverso l’utilizzo di un’energia pulita ed equa, dell’implemento dell’economia circolare, dell’adattamento ai cambiamenti climatici e della prevenzione e gestione dei rischi.

Infine, gli obiettivi abbracciano anche la sfera della mobilità e dell’inclusione: bisogna rendere l’Europa più connessa, attraverso il rafforzamento della mobilità e della connettività regionale, e più sociale e inclusiva; attraverso l’attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali.

Attraverso l’accordo, dunque, si mira a rendere l’Europa un‘istituzione più vicina ai cittadini attraverso la promozione dello sviluppo sostenibile e integrato delle aree urbane, rurali e costiere e delle iniziative locali.